Poche sono le colture e i prodotti che, come l’olivo e l’olio, si sono così potentemente radicati da millenni nel pensiero, nelle abitudini, nei modi di dire di tutti noi. Inutile ricordare che in origine l’olio era certamente tutto extravergine, perché una sola era la spremitura e certamente avveniva a freddo (per il grado di acidità…i nostri antenati non si ponevano ancora il problema…).
Per constatare come l’olio faccia così profondamente parte della nostra vita, basti pensare all’alimento che più facilmente richiama all’uso dell’olio come condimento: l’insalata, nelle sue infinite varietà. Sono almeno tre i “precetti” popolari per un’insalata condita correttamente:
- insalata / ben salata poco aceto e ben oliata
- quando condisci l’insalata / col sale vola coll’olio canta / e coll’aceto vai pianino
- nell’insalata: il sale del sapiente / l’aceto di un avaro / e l’olio di uno sciupone
Si comprende facilmente il perché l’attenzione popolare a questo alimento fosse così alta: nella dieta dei nostri antenati, l’insalata costituiva una delle poche occasioni per nutrirsi di cibi “strutturati”, contenenti cioè – proprio grazie all’olio – proteine e grassi, in grado di fornire energia “a rilascio prolungato”, a differenza della “energia lampo” fornita dai cereali. Ecco perché l’olio entra nella cultura popolare al punto da generare precise “regole” per usarne la giusta quantità per condire l’insalata.
Grano, olio, vino.
Come sarebbe la vita senza di loro? La civiltà mediterranea, di cui noi siamo frutto più recente in questo terzo millennio dell’era cristiana, è profondamente associata a queste antichissime colture e agli alimenti da esse derivati. Gli archeologi affermano ormai con certezza che agricoltura e villaggi umani stanziali compaiono intorno a ottomila anni prima della nascita di Gesù Cristo (siamo dunque nella preistoria, per la precisione nel periodo chiamato Neolitico). Nascono quasi contemporaneamente – così dicono i reperti archeologici – in tre aree che allora non erano certamente in contatto tra loro: la Mezzaluna fertile (dalle valli dei fiumi Tigri ed Eufrate in Mesopotamia/Iraq fino alla valle del Nilo in Egitto), i bacini fluviali della Cina, alcune aree del Centro e Sud America. Le prime colture “controllate” dall’uomo (non più solo raccolta e consumazione dei frutti dalla crescita spontanea ma conservazione di una parte dei semi con successiva semina e cura) sono di cereali: grano, orzo e farro nella Mezzaluna, riso in Cina, mais nelle Americhe.
E l’olivo? E la produzione dell’olio?
La storia dell’olivo affonda le radici in epoche incredibilmente antiche: già dodici milioni di anni fa, molto prima della comparsa dell’uomo sulla Terra, sulle coste del Mediterraneo esistono molte varietà di alberi del genere “olea”. La loro distribuzione è determinata dalla latitudine, dagli ambienti e soprattutto dal clima. Settemila anni fa, dopo la creazione dei primi villaggi di agricoltori, l’uomo inizia a selezionare le piante di olivo, a potarle ed innestarle. La propagazione dell’olivo è un’importante conquista economica e culturale: richiede infatti sofisticate nozioni botaniche e una struttura sociale organizzata e solida, poiché ci vogliono molti anni prima di raccoglierne i frutti. Sulle coste dell’attuale Israele sono state rinvenute tracce dell’olio più antico che si conosca, estratto oltre seimila anni fa dai frutti di olivi selvatici.
E in Italia?
L’olivo fa una prima timida comparsa in Italia tremilacinquecento anni fa, e si diffonde ad opera dei mercanti fenici, cartaginesi e dei coloni greci soprattutto a partire dal VII secolo avanti Cristo. Già nelle città italiche della Magna Grecia – e Taranto ne era la capitale! – l’olio d’oliva è necessario per l’alimentazione, la cosmesi, i riti, l’illuminazione e la salute del corpo. Etruschi e Italici acquistando l’olio dai mercanti greci e fenici iniziano ad apprendere le tecniche di coltivazione dell’olivo e di estrazione olearia: in breve tempo le popolazioni di molte regioni italiane impiantano oliveti e producono olio d’oliva che dà origine ad un commercio interno sempre crescente.
Non sorprende quindi che l’olivo e l’olio siano così presenti nei detti popolari e, addirittura, nelle opere letterarie di diversi autori di tutte le epoche. “L’olio e la verità tornano a galla” Bellissimo questo detto che fa dell’olio qualcosa di verace, di indistinguibile, di unico, esattamente come la verità: la verità emerge sempre, come la caratteristica dell’olio di non mischiarsi con l’acqua quando viene aggiunta. Bellissimi poi due detti che mettono in evidenza la preziosità dell’olio in rapporto ad altri alimenti: “Mercante di vino, mercante poverino; mercante d’olio, mercante d’oro” e “Olio, ferro e sale mercanzia reale”. E poi il detto paradossale che fa riferimento alla bontà dell’olio, capace, insieme con altri “ritocchi”, di rendere commestibile qualcosa che non lo sarebbe: “Olio, aceto pepe e sale, sarebbe buono uno stivale”. Bello vero?