Il 2018, senza ma e senza se, lo ricorderemo come un anno horribilis per il nostro amato olio d’oliva. La produzione dell’ “oro verde” ha registrato un impressionante calo dell’85 %, permettendo agli oli stranieri di invadere facilmente il mercato italiano.
Tra questi competitors spunta il rivale di sempre, ovvero la Spagna, ma anche gli oli stranieri provenienti dal Maghreb, in particolar modo dalla Tunisia e dal Marocco.
Quali sono le cause del tracollo della nostra produzione olearia? Da un lato hanno influito le condizioni climatiche con le gelate invernali, e poi le successive trombe d’aria che hanno provocato danni alle coltivazioni. Dall’altro il terribile parassita della Xylella, il quale ha falcidiato senza pietà gran parte degli olivi nostrani.
Neanche il nostro capofamiglia Savino Muraglia, anche presidente della Coldiretti pugliese, nasconde la sua preoccupazione per l’attuale situazione: « Siamo preoccupati che la brusca diminuzione di olio extravergine pugliese faccia crescere le importazioni di olio dall’estero, perché al danno si aggiungerebbe la beffa. Se si vuole acquistare un ‘vero’ olio extravergine 100% italiano bisogna fare attenzione ai prodotti venduti a meno di 7-8 euro al litro che non coprono neanche i costi di produzione. I 3 elementi da tenere sempre d’occhio sono prezzo, anno di produzione e scadenza»
Una sfida alla concorrenza sleale
Savino Muraglia esplica un dato di fatto sacrosanto ed incontrovertibile: « Bisogna fare attenzione ai prodotti venduti a meno di 7-8 euro». Gli oli stranieri vengono commercializzati a prezzi sensibilmente più bassi degli originali oli extravergine.
Ciò è ovviamente reso possibile dalla scarsa qualità della materia prima e dal tipo di lavorazione utilizzato. I produttori italiani non subiscono semplicemente danni dal punto di vista commerciale, dovendo combattere con competitors difficili da sfidare a livello dei prezzi, ma anche un’importante danno di immagine.
Per quale motivo? Il vicepresidente del Consiglio regionale pugliese, Peppino Longo, ha lanciato un appello anche a livello istituzionale, dichiarando: «la nostra economia sta subendo un grave danno, vittima della concorrenza sleale da parte di produzioni spesso di bassa qualità, svendute a prezzi insostenibili ma commercializzate dalle multinazionali sotto la copertura di marchi nazionali ceduti all’estero e che non rispettano le stesse regole sanitarie, ambientali e sociali».
In sostanza, il consumatore troverà sugli scaffali dei supermercati bottiglie d’olio con marchi italiani senza essere a conoscenza della presenza di una multinazionale straniera dietro a quell’etichetta, la quale preferirà il lucro dato dall’avvalersi di oli stranieri, piuttosto che il perseguimento della qualità.
Dovrebbero essere applicati controlli e regole più ferree, ma purtroppo queste vengono facilmente aggirate. Nel 2014 ad esempio venne istituita una legge, che prevedeva l’applicazione dei tappi antirabbocco sulle bottiglie d’olio al fine di evitare contraffazioni. Da circa un anno si discute della possibilità di abrogare tale normativa, per una fantomatica pericolosità di tale tappo nel caso in cui venga manomesso.
Gli oli stranieri conquistano anche le camere di potere del COI
I dati non mentono mai. L’anno appena trascorso ha registrato un aumento delle importazioni di olio d’oliva provenienti dalla Spagna pari a un +83%, e dal Marocco addirittura ad uno strabiliante +1293 %.
Le cose per l’Italia non sembrano andare bene neanche a livello istituzionale. A fine giugno sono state rinnovate le cariche del Coi, il consiglio oleicolo internazionale, organismo internazionale sotto l’egida dell’Onu.
Il nostro paese ricopriva una funzione chiave all’interno del consiglio, essendo a capo dell’unità chimica del Coi. Nelle ultime elezioni il responsabile italiano è stato sostituito da un collega tunisino, lasciando di conseguenza il nostro paese senza alcuna posizione chiave all’interno del direttivo.
Secondo le voci di corridoio, tale cambio di rotta, è dovuto alla volontà della Spagna, una delle nazioni più influenti nel Coi, di far approvare una riforma più morbida del Panel Test. Di cosa si tratta?
Il Panel Test non è altro che una prova organolettica ripetuta secondo periodi prestabiliti ed impiegata per accertare l’assenza di difetti nell’extravergine fintanto che sarà in vendita sugli scaffali. La Spagna già da tempo ha depositato una richiesta di modifica: vorrebbe che una volta passato il Panel Test, l’olio commercializzato non fosse più sottoposto a controlli per i successivi dodici mesi.
Qualcuno disse: « A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca». Un controllo di qualità meno rigido gioverebbe sicuramente ai produttori spagnoli e a quelli della zona del Maghreb. Inoltre, da più di dieci anni, gli imprenditori spagnoli fanno affari investendo nelle produzioni marocchine e tunisine. Non è nostra intenzione instillare cattivi pensieri, ma con l’evolversi degli eventi permane qualche dubbio.
Il “made in Italy”: la risposta del Frantoio Muraglia
Per noi del Frantoio Muraglia, l’olio di oliva rappresenta un ventaglio di elementi che si contaminano tra loro: passione, tradizione, cultura, territorio. Questi sono i nostri valori imprescindibili, ai quali non rinunceremmo per nulla al mondo.
Per uscire fuori da questa impasse, non possiamo far altro che puntare ancora una volta sul nostro principale tratto distintivo: la qualità. Rispettiamo la tradizione, ma tendiamo l’orecchio all’innovazione. Per questo puntiamo su nuove forme di marketing e di packaging, come ad esempio i nostri caratteristici orci finemente decorati.
L’agroalimentare resta il settore di punta delle esportazioni italiane, ed indubbiamente l’ olio d’oliva in questo campo fa da ambasciatore. L’ olio “madeinItaly” ha generato un fatturato di 400 milioni di dollari sul mercato americano, il principale paese in cui esportiamo.
La qualità non è semplicemente un fattore da dedicare ai mercati esteri, ma deve essere presente anche sul mercato nostrano. Noi di Frantoio Muraglia attraverso la nostra passione cerchiamo di far riemergere la cultura del buon olio, elemento imprescindibile sulle tavole italiane.
Non abbasseremo mai i nostri standard, per sostenere la concorrenza degli oli stranieri. In fondo siamo “capetoste”, e i nostri principi non li svendiamo.